L’intervento del Card. Piazza nel 1947 a favore dell’indissolubilità del matrimonio

Articolo, del 6 maggio 2015, tratto da: http://www.scuolaecclesiamater.org/2015/05/la-devastazione-morale-si-allarga-con.html e recante il  titolo: “La devastazione morale si allarga con il divorzio breve”

Già il mancato riconoscimento, nella Carta costituzionale, del matrimonio quale vincolo indissolubile costituì una delle più gravi colpe del partito, asseritamente cattolico, qual era la Democrazia cristiana.

Se si leggono gli Atti dell’Assemblea costituente, quando si doveva votare in maniera decisiva su quest’aggettivo, molte furono le defezioni, non tanto negli schieramenti avversi, comunista e liberale, quanto proprio tra le fila della D.C.

In effetti, il c.d. emendamento Grilli, che escludeva dalla formulazione dell’elaborando futuro art. 29 Cost. l’aggettivo – al matrimonio – indissolubile passò nell’Aula per appena tre voti! Nella notte del 23 aprile 1947, il suddetto emendamento fui approvato con 194 voti contro 191, a scrutinio segreto. Per questo, il termine indissolubile non fu inserito nella Costituzione.

Ciò fu possibile perché tradirono ben trentasei deputati democristiani, che risultarono assenti. Anzi, addirittura molti di questi uscirono dall’Aula al momento del voto e vi rientrarono subito dopo, a votazione conclusa.

Anni dopo, nel 1969, il 16 ottobre, un deputato MSI, on.le Giuseppe (Beppe) Niccolai, riportò, durante la discussione della legge sul divorzio, uno dei classici aneddoti di Giulio Andreotti: «Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, l’onorevole Andreotti su Concretezza, in un articolo dal titolo: “Per tre voti”, scrive che “la sconfitta sulla parola indissolubile il 23 aprile 1947, fu una sconfitta occasionale, perché banale fu la causa di molte assenze nelle file della democrazia cristiana”. “Un collega era” – scrive l’onorevole Andreotti – “in un’aula del palazzo con il mal di pancia, una collega a fare da relatrice in un congresso eucaristico. Quattro democristiani in più presenti a Montecitorio in quel momento avrebbero evitato che si dovesse parlare oggi dell’argomento”. “Per questo” – conclude Andreotti – “noi possiamo affermare che anche storicamente è più che legittimo l’opporsi alla dissolubilità del matrimonio”. Dunque, è una battaglia storica questa della democrazia cristiana, battaglia sui punti fermi, sui principi irrevocabili, irrinunciabili» (Atti parlamentari, Camera dei deputati, V Legislatura, Discussioni, Seduta antimeridiana del 16 ottobre 1969, p. 11095).

L’on. Niccolai, dunque, ricordò come nel ’47, i democristiani erano col mal di pancia o dovevano relazionare ad un congresso eucaristico e non si accorsero che si doveva votare sull’indissolubilità ….

Nel ’47, però, le forze della Chiesa erano ancora sane: poche ore dopo la vergognosa votazione nella quale erano risultati assenti innumerevoli democristiani, il card. Adeodato Giovanni Piazza, insigne Patriarca di Venezia, e presidente, all’epoca, della Commissione Episcopale Italiana (l’antesignana della CEI), che presiedeva anche l’Azione Cattolica Italiana, scrisse una dura lettera di riprovazione ad Alcide De Gasperi (presidente della DC) ed all’on. Attilio Piccioni (segretario della DC), nella quale il prelato concludeva: «Gli assenti considerino se non abbiamo insieme tradito la causa della religione e della famiglia cristiana e la fiducia dei loro elettori» (la lettera è riprodotta in Giovanni Sale, Il Vaticano e la Costituzione, con Prefazione di Francesco Paolo Casavola, Jaca Book, Milano, 2008, p. 276).

E De Gasperi, che si vorrebbe ahinoi santificare, non ebbe problemi morali di sorta … . Evidentemente.

Tra gli assenti – e lo si vede dagli Atti dell’Assemblea Costituente (Atti dell’Assemblea Costituente, Seduta di Mercoledì 23 aprile 1947, pp. 3286-3287) – vi era il c.d. «Sindaco santo», cioè Giorgio La Pira, che anch’egli si vorrebbe canonizzare, ma che ritenne evidentemente, alquanto incoerentemente con la fede che diceva di professare, poca cosa votare a favore dell’indissolubilità del matrimonio e della causa della religione, come lamentò il card. Piazza. Un cripto-divorzista allora? Non lo possiamo affermare, ma anche non lo possiamo assolutamente negare: certa è la sua assenza ingiustificata in un momento cruciale dell’Assemblea costituente, proprio quando doveva definirsi l’indissolubilità del vincolo nuziale.

Si asserì che l’aggettivo indissolubile sarebbe stato superfluo, visto che l’art. 7 Cost., recependo il Concordato lateranense nel quale il matrimonio era considerato indissolubile, di fatto rendeva il matrimonio – da un punto di vista costituzionale – indissolubile. Per cui sarebbe stata – sostenne anche l’on.le Grilli promotore dell’emendamento segnalato – un’inutile ripetizione.

In realtà, non fu così visto che quando si discussero alla Camera le pregiudizialità costituzionali e poi quando affrontò la questione la Corte costituzionale, si argomentò che il mancato inserimento dell’aggettivo indissolubile legittimava l’introduzione del divorzio e che non era sufficiente a rendere tale il matrimonio il recepimento del Concordato lateranense.

La Consulta, infatti, ritenne la questione di costituzionalità infondata, giacché il legislatore italiano non aveva assunto l’obbligo – col Concordato – di non introdurre il divorzio, rilevando che, in sede di trattative tra lo Stato italiano e la Santa Sede, fu proposto di impegnare il primo per l’indissolubilità del matrimonio, ma che poi tale idea fu abbandonata (Corte cost. 8.7.1971 n. 169).

Sempre l’on. Niccolai, nella stessa seduta che abbiamo ricordato, stigmatizzando le colpe della D.C., aggiungeva: «Stanno così le cose? Me lo chiedo perché, quando ho letto l’articolo: “Per tre voti”, per cui gli assenti scriverebbero storia, altre assenze e altre latitanze, molto più vicine nel tempo, si sono affollate alla mia mente. Voto della Commissione giustizia della Camera: la proposta di legge unificata Fortuna-Baslini passa con 18 voti contro 5; democristiani presenti al voto: su 20, 5. Tutti colpiti da mal di pancia? Ho fatto ricerche: quel giorno non si celebrava alcun congresso eucaristico, né l’ambulatorio di palazzo Montecitorio registrava mali di pancia. E dove erano quei 15 democristiani? Come si spiega un così massiccio assenteismo su un problema che meno degli altri divide la democrazia cristiana? Voto tecnico, si dirà; ma il chiasso che da quel voto della Commissione giustizia venne fuori non convalida certo questa tesi» (Atti parlamentari, cit., p. 11096).

Certamente il divorzio fu voluto dalle forze anticristiane, ma sicuramente non sarebbe passato senza la complicità dei politici fantomaticamente cristiani, nascosti dietro lo «scudo crociato» e del clero che lo sosteneva.

La legge divorzile in Italia fu approvata il 28 nov. 1969 alla Camera, con 325 voti a favore e 283 contrari.

Il 1° dicembre 1970, il Senato approvò la legge. E c’erano sedicenti cattolici al governo, i quali non sbarrarono mai la strada alla legge divorzile!

Papa Montini che fece? Paolo VI era … in Australia e non pare che disse nulla. Il segretario di Stato, l’equivoco card. Jean Marie Villot, chiosò che il divorzio era vigente in Francia da tantissimi anni e, quindi, non era il caso di farsi troppi problemi.

Oggi, senza alcuna opposizione della Chiesa “francescana” e solo con blande ed innocue prese di posizione, è stata approvata una legge, che accorcia ancor più i tempi per ottenere il divorzio …. .

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